domenica 7 febbraio 2016

"Teoria del gender" e "Studi di genere", "identità di genere" e" orientamento sessuale": quali sono le differenze? Proviamo a fare chiarezza!



Il documento dell’Oms sull’educazione sessuale e gli articoli della riforma sulla scuola appena approvata recitano che: “il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” .Nelle scuole si intende promuovere l'educazione sessuale, che permetta ai bambini di conoscere se stessi e gli altri, dal momento che ci sono stati vari mutamenti nei decenni passati quali globalizzazione, nuove migrazioni, boom dei nuovi media, diffusione di Hiv e Aids, incremento di abusi sessuali su bambini e adolescenti, ecc. che “richiedono strategie efficaci che mettano i giovani in grado di gestire la propria sessualità in modo sicuro e appagante”.
L'educazione sessuale si associa all'educazione socio-affettiva ed emotiva, che ha come finalità principale quella della consapevolezza, della tolleranza e del rispetto della diversità. 
Tra le diversità di cui si è sempre discusso molto, ma ancor di più recentemente in vista dell'approvazione della famosa legge sulle unioni civili, c'è appunto quella legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere.
In merito a questo argomento proverò a descrivere in maniera sintetica e attingendo a fonti scientifiche termini e concetti che vengono facilmente confusi nell'opinione pubblica. 
-L'identità di genere è il senso di appartenenza profonda ad un sesso più che all'altro, a livello consapevole e inconsapevole, ed è associata al sesso biologico. Essa contiene comunque una miscela di mascolinità e femminilità. Tali caratteristiche sono determinate da diversi fattori biologici, psicologici, sociali e culturali. La definizione di mascolinità e femminilità è personale, ciascuno elabora dentro di sé delle convinzioni su ciò che si intende per femminile e per maschile, anche in base ad influssi familiari e culturali ricevuti. In circostanze normali, gli ormoni sessuali cui il feto è esposto e l'anatomia e la fisiologia dei genitali esterni sono la base su cui poi si effettua l'attribuzione sessuale, ma anche influssi sociali e psicologici danno il loro contributo. Ad esempio i genitori, sapendo il sesso del proprio figlio, si comporteranno con lui/lei in un determinato modo e invieranno messaggi (verbali e non verbali) su cosa vuol dire per la loro famiglia 'femminile' e 'maschile'. Il figlio ipotetico apprenderà da loro i diversi significati e si costruirà una consapevolezza sul proprio sé. La misura in cui i genitori risolvono i conflitti con le proprie famiglie di origine e fra di loro, può influire sulla natura delle prime risposte che essi danno al neonato e sulla capacità di prendersene cura. Il nucleo dell'identità di genere si costituisce anche a partire dal significato che il bambino attribuisce al proprio corpo. Dagli scambi con le persone che si prendono cura di lui, il bambino prova delle sensazioni corporee che gli consentiranno di formare un'immagine di sé corporea, la quale darà un grande contributo sulla costruzione dell'identità di genere. Secondo l'opinione prevalente, entro i 15-18 mesi il bambino esprime una certa consapevolezza di essere maschio o femmina e di essere dotato di genitali maschili e femminili, ma possiamo ritenere che il nucleo dell'identità di genere sia generalmente immodificabile dai 2-3 anni, età in cui la consapevolezza di sé è più chiara e i maschietti assumono caratteristiche maschili, mentre le femminucce femminili. Malgrado ciò, "il senso più ampio dell'identità di genere continua ad essere progressivamente elaborato nel corso di sviluppo". Identificazioni selettive** e disidentificazioni con ciascun genitore hanno un impatto evolutivo anche negli stadi di sviluppo successivi, dunque l'esito finale rappresenta una miscela di numerosi elementi provenienti nelle diverse fasi di crescita (Tyson, P., Tyson, R., Teorie psicoanalitiche dello sviluppo: una visione integrata. 1995). 

-Identità di ruolo relativo al genere: si costituisce a partire dalle modalità di interazione tra genitore e lattante in rapporto alla sua mascolinità o femminilità. E' dunque una rappresentazione intrapsichica delle interazioni con gli altri riguardo al genere, influenzata da fattori culturali e sociali. Secondo Lingiardi mentre l'identità di genere va riferita alla percezione di sè come maschio o femmina, con ruolo di genere si intende invece "l'espressione esteriore, sociale e culturale dell'identità di genere: ciò che si considera maschile o femminile" (Lingiardi, V. Le personalità e i suoi disturbi. 2001).
-Orientamento per il sesso del partner: esprime la preferenza dell'individuo per il sesso dell'oggetto d'amore scelto (l'attrazione erotica può essere rivolta verso maschi, femmine o entrambi). Ha le sue origini nei rapporti con i genitori nelle epoche precoci della vita, anche se la scelta si stabilisce definitivamente o può diventare fonte di conflitto nell'adolescenza, quando viene raggiunta la maturità sessuale. Alcuni ricercatori sostengono l'esistenza di basi genetiche dell'orientamento omosessuale. "Orientamento sessuale e identità di genere sono concetti diversi e non necessariamente correlati" (Lingiardi, 2001). 

E' dunque importante distinguere questi tre concetti, che sono stati  confusi in passato anche da illustri psicoanalisti (persino da Freud), per comprendere ed individuare trattamenti ad hoc finalizzati ad alleviare il disagio di molti e per scoraggiare stupide discriminazioni. Bisogna anche considerare che lo sviluppo psico-sessuale femminile e maschile presenta delle differenze. Ad esempio nella bambina tale processo è molto più complesso di quello del bambino, poiché per entrare nel complesso d'Edipo* (che nel caso delle femmine viene propriamente nominato "Complesso d'Elettra") deve cambiare oggetto d'amore (rivolgendosi al padre e sviluppando rivalità verso la madre, primo oggetto d'amore). Di norma invece l'istituzione di uno stabile senso di base della femminilità è un processo tranquillo. Per il maschietto la costituzione dell'identità diventa un problema ben più difficile da superare, poiché inizialmente lui si identifica** con la madre e questo può rischiare d' indebolire il suo senso della mascolinità. Lui dovrà imparare a disidentificarsi da lei e, mantenendo lo stesso oggetto d'amore (a differenza della femminuccia), dovrà cambiare il ruolo in relazione all'oggetto (la madre) per entrare nel complesso edipico . Affinché questo avvenga, il senso del bambino di essere maschio dev'essere stabile. 
In altre parole, per la bambina risulta più complicato lo stabilirsi dell'orientamento sessuale, per il maschietto è più complesso il processo di sviluppo dell'identità. 

Come riportato da Lingiardi nel testo sui disturbi di personalità, oggi non si pensa più alle persone omosessuali come a 'uomini con una forte componente femminile o a donne con una forte componente maschile', poichè grazie ai Gender Studies le dimensioni del femminile e del maschile sono state ripensate da psichiatri e psicologi in modo più libero rispetto agli obblighi anatomici, agli stereotipi sociali e alle posizioni teoriche ormai datate. Gli Studi di Genere o Gender Studies, come vengono chiamati nel mondo anglosassone, rappresentano un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere e non hanno nulla a che fare con la super-citata Teoria del GenderQuest'ultima è un'invenzione dei gruppi più estremisti secondo i quali sarebbe una teoria sostenuta dal movimento LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali)  che postulerebbe  l'assenza delle differenze biologiche tra i sessi (a parte quelle puramente anatomiche) e che quindi proclamerebbe l'eguaglianza assoluta tra maschi e femmine. Tale teoria, ribadisco, non esiste e non è mai stata sostenuta da nessuno

Nel 1973 il DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali utilizzato in tutto il mondo, ha eliminato l'omosessualità dall'elenco dei disturbi mentali, riconducendola a una delle tante possibili manifestazioni della sessualità umana. La V ed ultima edizione del DSM include invece  la “disforia di genere”, o anche detto "disturbo dell'identità di genere" (spesso abbreviato in DIG), di cui soffrirebbero quelle persone che hanno una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico. Il DSM 5 sottolinea come la non conformità di genere non sia un disturbo mentale in sé ma che il disturbo nascerebbe se c’è significativo disagio associato alla condizione
A tal proposito vorrei sintetizzare anche il pensiero di una nota ed importante psicoanalista, Jessica Benjamin, secondo cui gli individui dovrebbero idealmente integrare ed esprimere gli aspetti maschili e femminili del sé senza che questo comporti una confusione riguardo alla propria identità di genere. La Benjamin sostiene anche che la realtà delle differenze sessuali non è binaria e non prevede una mutua esclusività (omosessualità o eterosessualità) come l'opinione pubblica tende a credere ma è molto più varia e dipende dalle molteplici identificazioni con gli oggetti d'amore avvenute nel corso dello sviluppo. 
Da quanto scritto, pur essendo un'estrema sintesi di alcuni contributi riportati in letteratura, si evince la grande complessità della natura umana anche nel campo della sessualità. Per tale motivo stabilire che l'unica famiglia 'giusta' debba essere quella formata dall'unione di un uomo ed una donna ritengo sia un'eccessiva semplificazione, in quanto non terrebbe conto della realtà che siamo e che viviamo, che è sicuramente multicolor.













*complesso d'edipo: fase che va dai 3 ai 5 anni, in cui il bambino manifesta un desiderio amoroso nei confronti di un genitore -normalmente dell'altro sesso- mentre verso l'altro genitore esprime sentimenti ostili 
http://www.treccani.it/enciclopedia/complesso-di-edipo_(Dizionario-di-Medicina)/
**per identificazione in questo caso s' intende l'assimilazione che il bambino opera di uno o più tratti caratteriali del genitore. Il bambino fa proprie alcune caratteristiche del genitore e così facendo costruisce la sua personalità. Nel tempo si disidentifica da alcuni tratti differenziandosi dai genitori.

venerdì 8 gennaio 2016

Auguri di buon anno!

E' iniziato un nuovo anno...
l'approccio al nuovo anno è sempre molto soggettivo...
c'è chi, con grande fiducia ed entusiasmo augura a tutti (se stesso compreso) gioia e benessere...e chi, deluso dall'anno precedente, fa un brindisi con sguardo cinico e disilluso.
Chi fa il bilancio di quanto compiuto e si annota nuovi progetti e propositi, e chi lascia passare la mezzanotte senza soffermarsi a pensare a nulla di rilevante.
Chi trascina con sé nel nuovo anno la tristezza e la frustrazione del vecchio, e chi decide di mollare il bagaglio di brutti ricordi e si concede la possibilità di giocare una nuova partita ....
Effettivamente non tutte le cose che ci accadranno dipenderanno da noi, non essendo né onnipotenti né onniscienti, ma abbiamo un grande potere affinché le nostre giornate siano il più possibile piacevoli e la nostra vita soddisfacente. Pertanto auguro a ciascuno di noi la capacità di vivere le situazioni nel miglior modo possibile...attingendo ciascuno alle proprie risorse e coltivando un pensiero positivo e teso al benessere.

In parole semplici, impariamo a volerci bene nel 2016, che non è mai troppo tardi!



lunedì 16 novembre 2015

Parigi 13/11/2015

Venerdì sera di fronte all'edizione straordinaria del Tg, come molti, son rimasta letteralmente impietrita.
Impietrita e paralizzata dalla visione in diretta di tanta crudeltà.
Ho sperimentato un impotente terrore mentre Mentana diceva "ci sono più di 60 ostaggi ADESSO nel Bataclan".
Non volevo andare a dormire ma ad un certo punto sono crollata e, al mio risveglio, non ero certo allegra e spensierata. Ho sentito un bisogno compulsivo di leggere tutte le notizie e le numerose riflessioni di "esperti" e gente comune, di guardare le trasmissioni che parlavano di Parigi, di sapere dai sopravvissuti come hanno vissuto l'evento e cosa è avvenuto nei dettagli.
Ho visto i video postati su internet, anche quando vi era scritto "attenzione queste immagini potranno urtare la vostra sensibilità". La mia sensibilità era già profondamente scossa, le immagini avrebbero potuto solo aiutarmi....a cosa? Già. Me lo chiedo adesso.
Forse a placare la mia angoscia.
La ricerca ossessiva di informazioni aveva uno scopo preciso: aiutarmi a dare un senso, una spiegazione, non dico lineare (è praticamente impossibile spiegare la realtà in maniera deterministica e lineare data la sua complessità), ma possibile ad eventi scioccanti. Perché anche se a volte la nostra testa si rifiuta di capire per non sperimentare il dolore e la paura, ci sono momenti in cui non può fuggire in alcun posto e deve fare i conti con la realtà per quanto sia triste e spaventosa.
In rete è stata ripescata la Fallaci, con la sua riflessione rabbiosa sull'Islamismo, e Terzani, con la risposta pacifista e moderata alla sua ira. Le lettere risalgono al 2001 e sono ancora attuali. Mi sentivo d'accordo con entrambi! E la mia confusione sembrava crescere....
Perché ho avuto tale reazione solo in questi giorni e non prima? Muoiono persone (anche bambini! Tanti!) tutti i giorni.... Vedo la città in cui vivo riempirsi di immigrati già da un po'....e sicuramente mi sono allarmata e mi sono informata ma la reazione di shock l'ho avuta in questi giorni.
Perché?
Perché è accaduto qui vicino. Sembra ancora più reale e anche l'Italia, così come tutti i paesi europei, è sotto minaccia.
Non è stato come guardare Criminal Minds. In quel caso il terrore è momentaneo, al massimo si può riviverlo nei sogni, ma si sa che è solo un telefilm! Ispirato anche a eventi reali, "ma", mi dico, "sì, è solo un telefilm".
La nostra testa è brava a tutelarci allontanando l'idea delle barbarie e della morte il più possibile. Infatti, quando poi arriva, a noi o ai nostri cari, ci trova sempre impreparati.

Dopo tanto cercare, informarmi (e non ho ancora finito di farlo, ovviamente!).... voglio soffermarmi su un aspetto del problema che nella mia mente prende il sopravvento rispetto a tutte le altre sfaccettature: dietro questa barbarie c'è un'intensa, profonda, radicata disperazione.
Intendo che, come ho letto su qualche articolo in questi giorni, da terrorizzati a terroristi non ci vuole poi granché...il passaggio è breve.
Non c'è religione a mio parere che giustifichi atti del genere, disperati e disperanti, ma ferite antiche non cicatrizzate che generano odio....e l'odio si serve delle convinzioni religiose ma, oserei dire, di qualsiasi altro appiglio per esprimersi in tutta la sua potenza etero- ed auto- distruttiva.
Quando c'è quel dolore forte nato da traumi che superano le risorse mentali per fronteggiarli, la vita degli altri, di chi è libero e gode della buona musica o della partita allo stadio, della cena in ristorante o di una passeggiata in centro, genera un'invidia delle più potenti che va espulsa.
L'ideologia politica o religiosa estremista, che diventa fanatismo, aiuta a giustificare questo sentimento intenso e dà l'opportunità di poterlo esprimere in maniera tragica e vendicativa.
Non può vivere liberamente chi è morto dentro; chi si è sentito privato della linfa vitale, per svariate ragioni e in tenera età e non è stato aiutato, odia chi ce l'ha.
Sarebbe bello poter dare ai ragazzi che ritengono la strada del martirio l' unica via di "liberazione" un'altra possibilità di vita...è un'utopia in cui mi piace credere.
I "mostri che abbiamo nel cuore", come cantava Gaber, in guerra crescono e si moltiplicano...rischiano di divenire indomabili e di provocare effetti a catena terrificanti.
Ma la speranza, si proprio la speranza, può permetterci di accendere un lumino laddove tutto è buio, consentendoci di non cedere alla paura, alle minacce di chi vuole trascinarci nel proprio buio, e di lottare continuando a vivere.
Non è temendo i mostri che questi si ridimensionano.
Non si esce dalla disperazione con l'odio e la vendetta.
Non si esce dalla guerra con la guerra....
Non si può essere in balìa di questi sentimenti pensando così di uscirne....bisogna trovare un'altra strada.
Bisogna tentare di uscire dall'abisso, anche nei casi più disperati, provando e riprovando a chiedere aiuto.
Bisogna opporsi all'intimidazione difendendo la propria libertà.
Voglio lasciare il cinismo e il pessimismo, che paralizzano la mente e le azioni, per dare spazio alla speranza, che crea rivoluzioni.

Esprimo il mio sentito cordoglio per tutte le vittime del terrorismo e per le loro famiglie....

E concludo con Gianni Rodari e la sua: "IL TAMBURINO MAGICO"




 Un sentiero nel bosco.
Un tamburino cammina.
Una voce introduce la sua storia.

Voce - C'era una volta un tamburino che tornava dalla guerra... Povero, piccolo tamburino, tutto solo sulla terra: non ha nessuno che lo conforta, la casa è vuota, è chiusa la porta... Il tamburino cammina, cammina e un giorno incontra una vecchina.

Vecchina - Buon giorno, buon viaggio, bel tamburino. Ho tanta fame, dammi un soldino! Un soldo solo, brutto, di rame... Ho tanta fame...

Tamburino - Fame? Conosco questa signora. Non mi lascia tranquillo un'ora. Si nasconde di sicuro nel mio tamburo. Ma un soldo, forse, ancora ce l'ho: ecco, prendi, te lo do.
Vecchina - Grazie! Mi basta e ne ho d'avanzo per la cena e per il pranzo. Ma per premiare il tuo buon cuore voglio renderti un favore: il tuo strumento sarà fatato e chi l'ascolta rimane incantato. Appena il tamburo comincia a rullare, chi lo sente dovrà ballare e fermarsi non potrà fin che il tamburo non tacerà.

Tamburino - Avessi avuto questa magia quando stavo in fanteria, a suon di ballo, e senza sparare, il nemico avrei fatto scappare. Ti ringrazio, cara nonnina...

La vecchina si allontana o sparisce,
chi sa. Ora c'è di nuovo soltanto il
tamburino che va per il bosco e ogni
tanto, se ha voglia di ballare, picchia
sul suo tamburo.

Voce - E il tamburino cammina, cammina... Sul far della sera incontra per strada di briganti una masnada.

Balzano fuori dai cespugli, dove
stavano in agguato, i briganti, con la
maschera nera sugli occhi, agitando i
loro tromboni (quelli per sparare,
non quelli per suonare).

Briganti - Mani in alto, signor tamburino! Fuori la borsa! Fuori il bottino!

Tamburino - Signori briganti, male cascate: le mie tasche sono bucate e i miei zecchini, a dire il vero, li ho seminati per il sentiero.

Briganti - Che malora!

           - Che disdetta!

           - Che sfortuna maledetta!

           - Ma ti rimane il tamburello: ci darai quello.

Tamburino - Volentieri ve lo darò. Ma prima a suonarlo v'insegnerò: altrimenti, che ve ne fate?

Briganti - Avanti, suona!

Tamburino - E voi...ballate!

Il tamburino picchia e picchia sul
tamburo e i briganti sono costretti a
ballare. Ma non per allegria...

Tamburino - Allora, vi piace il concertino?

Briganti - Maledetto tamburino!

Tamburino - Avanti, signori, un altro giretto!

Briganti - Tamburino maledetto!

Tamburino - Ballate, bricconi, saltate, ladroni, scegliete la dama, fate due inchini, questo è il valzer dei malandrini!

Briganti - Basta, basta, per pietà!

           - Siamo banditi di mezza età, abbiamo l'artrite, il soffio al cuore...

            - Lasciaci andare, per favore!

Tamburino - E allora...di corsa! Fuggite, sparite, mai più davanti mi comparite, altrimenti, ve lo giuro, vi seppellisco a suon di tamburo!

I briganti, terrorizzati, senza fiato, si
trascinano via come possono. Uno
perde il cappello. Un altro perde una
scarpa. Tutti hanno perso la testa. Il
tamburino ride e riprende il viaggio.

Voce - Il tamburino cammina e va e finalmente arriva in città. Sulla piazza del mercato trova un popolo addolorato...

Piangono donne, bambini, vecchi.
Sfilano soldati silenziosi, con passo
pesante. Il tamburino è sbalordito.

Tamburino - Signore, signori e buone genti, sento dei pianti, dei lamenti. Perché? Spiegatemi...

Vecchio - Bel forestiero, è un giorno triste, un giorno nero, perché il sovrano di questa terra i nostri figli manda alla guerra. Eccolo, giunge...

Tamburino - Chi, per favore?

Vecchio - Il nostro padrone, l'imperatore.

Tamburino (senza farsi sentire) - Tamburello, tamburello dammi il tuo aiuto e verrà il bello.

Imperatore - Sudditi miei, la guerra è una festa! Io marcerò alla vostra testa! presto, in riga!...Avanti per tre! Fate onore al vostro re! Un tamburino? Benone, perbacco: della marcia darai l'attacco.

Tamburino - Ai vostri ordini, Maestà!

Imperatore - Rulli il tamburo!

Tamburino - E rullerà!

Comincia a picchiare sul suo
tamburo e tutti cominciano a ballare:
l'imperatore, i cortigiani, i generali,
i capitani, i soldati, le donne,
i vecchi, i bambini, i cani e i gatti.
C'è chi balla ridendo e chi balla piangendo.
C'è chi protesta e chi grida evviva.
Insomma, c'è una bellissima confusione.

Imperatore - Che cos'è questo portento? Attentato! Tradimento! Aiuto, aiuto! Date una mano, tenete fermo il vostro sovrano.

Ciambellano - Maestà, la cosa è strana, anch'io sto ballando la furlana!

Generale - Maestà, la cosa è stramba, come ho imparato a ballare la samba?

Imperatore - Ma che fanno i miei soldati? Tutti arrestati! Tutti impiccati!

Popolo - Tamburino, suona il trescone, la furlana, il rigodone, suona la polka, la tarantella, suona la rumba, il cha-cha-cha, la pace è bella e vincerà!

Tamburino - Rulla tamburo fino a scoppiare: questa guerra non s'ha da fare!

Imperatore - Misericordia! Pace! Prometto! Mi dimetto! Vado in pensione!

Popolo - Bravo, benone! Vattene dunque con eleganza, a passo di danza!

E a passo di danza il re va in esilio.
Tutti continuano a ballare. Le
ragazze, una alla volta, dànno un bacio
al tamburino, che non smette di
suonare il ballo della pace. Poi
sposa la più intelligente. Siete tutti
invitati a mangiare la torta di gelato.

Fine

martedì 10 novembre 2015

Caro psicologo, diamoci del Tu!

Sto per trattare un argomento che mi sta molto a cuore e che desidero approfondire per chiunque ne fosse interessato.
Mi è capitato diverse volte di aver deluso le aspettative di pazienti o potenziali pazienti che si aspettavano e desideravano che ci dessimo del "tu" a causa della giovane età, della timidezza iniziale e del bisogno di sentirsi a proprio agio.
In tanti si aspettano questo in terapia, ovvero che lo psicologo abbia un approccio più confidenziale, e restano delusi quando non viene loro "consentito".

Quali fantasie e vissuti possono essere associati al "lei"? Perché in tanti psicologi la riteniamo una prassi utile?
Sono numerose le ragioni e di seguito accenno a qualche esempio.

Forse alcuni temono un'eccessiva distanza nella relazione con lo psicologo;
ad altri il "lei" evoca un vissuto di "anzianità", poiché notoriamente si associa all'atteggiamento rispettoso che una persona più giovane usa avere verso individui più grandi di età.
Proprio per tale ragione questi tendono a dare del tu quando lo psicologo ha la stessa età o è più giovane di loro, per esempio. 
Altri penseranno che la scelta del tu o del lei sia assolutamente indifferente, dunque “tanto vale dare del tu”.

Dal mio punto di vista dare del “lei” aiuta a mantenere la relazione con l’altro su un livello specifico: quello terapeutico, laddove uno dei membri chiede un aiuto per risolvere un malessere interiore o migliorare la propria qualità di vita e l’altro mette a disposizione il suo sapere per rispondere alla richiesta.
Ovviamente si tratta di una collaborazione tra i due, laddove il o i richiedenti si impegnano a lavorare su di sé cooperando con lo psicologo e riponendo fiducia nella relazione terapeutica.

A prescindere dall’età anagrafica dello psicologo, bisogna far sì che si creino le condizioni giuste per favorire la nascita di una relazione d’aiuto in cui i ruoli siano chiari e distinti.

Una persona che chiede di dare del tu potrebbe manifestare il desiderio inconscio di creare immediatamente una relazione intima ed amicale, riproponendo per esempio con il terapeuta le stesse modalità relazionali che ha con i propri cari. La suddetta, dunque, vedrebbe nello psicologo la figura “della figlia, della madre, del padre o dell’amica” rischiando, così facendo, di ripetere l’esperienza relazionale conosciuta (in tanti casi insoddisfacente o limitante) anziché vivere una relazione terapeutica che introduca elementi di novità e permetta di “sciogliere i nodi interiori”.

E’ proprio per tale ragione che il bisogno di cambiare “setting terapeutico” da parte del paziente per me diviene argomento di riflessione nell’ambito della psicoterapia: lavoro a partire da questo importante elemento. Il “setting” è appunto il contesto, l’ambiente, l’insieme di regole che sarebbe opportuno rispettare affinché la relazione tra due individui sconosciuti possa diventare “terapeutica".
La “questione del tu e del lei” in questo ambito non ha a che fare quindi con quella del dovuto "rispetto” o differenza di età, bensì con il “setting”; la difficoltà di aderire alle regole decise dall'esperto dev’essere motivo di approfondimento perché rivela aspetti profondi dell’individuo nella relazione con l’altro e con se stesso. 
Bisogna altresì aggiungere che l'eccezione fa la regola: vi sono casi in cui può essere addirittura più opportuno darsi del tu, come per esempio faccio con i bambini. La decisione spetta comunque allo psicologo, che ha un tipo di formazione specifica e che utilizza la sua esperienza e il suo modello di'intervento di riferimento per allacciare una relazione che sia terapeutica con una determinata persona, coppia o famiglia.

mercoledì 4 novembre 2015

Perchè "In Relazione"...?!

...nasciamo dal ventre della nostra madre, dunque siamo InRelazione sin dal principio...
...non esiste un bambino che non sia InRelazione con altri...e grazie agli altri, ai suoi caregivers, impara a conoscersi...e ad essere InRelazione con se stesso...
...la famiglia dalla quale proveniamo è In continua Relazione con l'esterno...influenza ed è influenzata...si plasma e si trasforma...proprio come tutti i membri del sistema familiare che si Relazionano tra loro e con se stessi....
...siamo uniti ai nostri parenti e ai nostri affetti da legami invisibili...
...siamo In perenne Relazione con i nostri antenati ....anche a livello inconscio...
...le nostre storie si intrecciano e si co-determinano...
...mente e corpo sono inevitabilmente InRelazione al punto che in molti casi risulta impossibile distinguere le due dimensioni nella totalità che è l'individuo...
...siamo InRelazione con la natura...con la bellezza...con la cultura...
...siamo InRelazione con lo psicoterapeuta...con la società...e comunichiamo anche quando vorremmo non farlo...
nulla è completamente isolato

"Non si può toccare un fiore senza disturbare una stella". Gregory Bateson

martedì 3 novembre 2015

Iniziamo...

L'idea del blog è sempre stata nella mia testa...
e forse è arrivato il momento di realizzarla.
Il mio desiderio è quello di esternare pensieri e conoscenze con chiunque vi fosse interessato.
Il blog non è dunque finalizzato ad effettuare diagnosi o interventi clinici, per i quali l'unica soluzione resta il contatto personale con il terapeuta, ma a condividere riflessioni inerenti diversi ambiti della psicologia, attingendo dalla mia esperienza di vita, formativa e professionale....
Potrete fornirmi spunti di riflessione, proposte di temi da argomentare, questioni e problematiche da affrontare...sarò ben lieta di rispondervi :)