lunedì 16 novembre 2015

Parigi 13/11/2015

Venerdì sera di fronte all'edizione straordinaria del Tg, come molti, son rimasta letteralmente impietrita.
Impietrita e paralizzata dalla visione in diretta di tanta crudeltà.
Ho sperimentato un impotente terrore mentre Mentana diceva "ci sono più di 60 ostaggi ADESSO nel Bataclan".
Non volevo andare a dormire ma ad un certo punto sono crollata e, al mio risveglio, non ero certo allegra e spensierata. Ho sentito un bisogno compulsivo di leggere tutte le notizie e le numerose riflessioni di "esperti" e gente comune, di guardare le trasmissioni che parlavano di Parigi, di sapere dai sopravvissuti come hanno vissuto l'evento e cosa è avvenuto nei dettagli.
Ho visto i video postati su internet, anche quando vi era scritto "attenzione queste immagini potranno urtare la vostra sensibilità". La mia sensibilità era già profondamente scossa, le immagini avrebbero potuto solo aiutarmi....a cosa? Già. Me lo chiedo adesso.
Forse a placare la mia angoscia.
La ricerca ossessiva di informazioni aveva uno scopo preciso: aiutarmi a dare un senso, una spiegazione, non dico lineare (è praticamente impossibile spiegare la realtà in maniera deterministica e lineare data la sua complessità), ma possibile ad eventi scioccanti. Perché anche se a volte la nostra testa si rifiuta di capire per non sperimentare il dolore e la paura, ci sono momenti in cui non può fuggire in alcun posto e deve fare i conti con la realtà per quanto sia triste e spaventosa.
In rete è stata ripescata la Fallaci, con la sua riflessione rabbiosa sull'Islamismo, e Terzani, con la risposta pacifista e moderata alla sua ira. Le lettere risalgono al 2001 e sono ancora attuali. Mi sentivo d'accordo con entrambi! E la mia confusione sembrava crescere....
Perché ho avuto tale reazione solo in questi giorni e non prima? Muoiono persone (anche bambini! Tanti!) tutti i giorni.... Vedo la città in cui vivo riempirsi di immigrati già da un po'....e sicuramente mi sono allarmata e mi sono informata ma la reazione di shock l'ho avuta in questi giorni.
Perché?
Perché è accaduto qui vicino. Sembra ancora più reale e anche l'Italia, così come tutti i paesi europei, è sotto minaccia.
Non è stato come guardare Criminal Minds. In quel caso il terrore è momentaneo, al massimo si può riviverlo nei sogni, ma si sa che è solo un telefilm! Ispirato anche a eventi reali, "ma", mi dico, "sì, è solo un telefilm".
La nostra testa è brava a tutelarci allontanando l'idea delle barbarie e della morte il più possibile. Infatti, quando poi arriva, a noi o ai nostri cari, ci trova sempre impreparati.

Dopo tanto cercare, informarmi (e non ho ancora finito di farlo, ovviamente!).... voglio soffermarmi su un aspetto del problema che nella mia mente prende il sopravvento rispetto a tutte le altre sfaccettature: dietro questa barbarie c'è un'intensa, profonda, radicata disperazione.
Intendo che, come ho letto su qualche articolo in questi giorni, da terrorizzati a terroristi non ci vuole poi granché...il passaggio è breve.
Non c'è religione a mio parere che giustifichi atti del genere, disperati e disperanti, ma ferite antiche non cicatrizzate che generano odio....e l'odio si serve delle convinzioni religiose ma, oserei dire, di qualsiasi altro appiglio per esprimersi in tutta la sua potenza etero- ed auto- distruttiva.
Quando c'è quel dolore forte nato da traumi che superano le risorse mentali per fronteggiarli, la vita degli altri, di chi è libero e gode della buona musica o della partita allo stadio, della cena in ristorante o di una passeggiata in centro, genera un'invidia delle più potenti che va espulsa.
L'ideologia politica o religiosa estremista, che diventa fanatismo, aiuta a giustificare questo sentimento intenso e dà l'opportunità di poterlo esprimere in maniera tragica e vendicativa.
Non può vivere liberamente chi è morto dentro; chi si è sentito privato della linfa vitale, per svariate ragioni e in tenera età e non è stato aiutato, odia chi ce l'ha.
Sarebbe bello poter dare ai ragazzi che ritengono la strada del martirio l' unica via di "liberazione" un'altra possibilità di vita...è un'utopia in cui mi piace credere.
I "mostri che abbiamo nel cuore", come cantava Gaber, in guerra crescono e si moltiplicano...rischiano di divenire indomabili e di provocare effetti a catena terrificanti.
Ma la speranza, si proprio la speranza, può permetterci di accendere un lumino laddove tutto è buio, consentendoci di non cedere alla paura, alle minacce di chi vuole trascinarci nel proprio buio, e di lottare continuando a vivere.
Non è temendo i mostri che questi si ridimensionano.
Non si esce dalla disperazione con l'odio e la vendetta.
Non si esce dalla guerra con la guerra....
Non si può essere in balìa di questi sentimenti pensando così di uscirne....bisogna trovare un'altra strada.
Bisogna tentare di uscire dall'abisso, anche nei casi più disperati, provando e riprovando a chiedere aiuto.
Bisogna opporsi all'intimidazione difendendo la propria libertà.
Voglio lasciare il cinismo e il pessimismo, che paralizzano la mente e le azioni, per dare spazio alla speranza, che crea rivoluzioni.

Esprimo il mio sentito cordoglio per tutte le vittime del terrorismo e per le loro famiglie....

E concludo con Gianni Rodari e la sua: "IL TAMBURINO MAGICO"




 Un sentiero nel bosco.
Un tamburino cammina.
Una voce introduce la sua storia.

Voce - C'era una volta un tamburino che tornava dalla guerra... Povero, piccolo tamburino, tutto solo sulla terra: non ha nessuno che lo conforta, la casa è vuota, è chiusa la porta... Il tamburino cammina, cammina e un giorno incontra una vecchina.

Vecchina - Buon giorno, buon viaggio, bel tamburino. Ho tanta fame, dammi un soldino! Un soldo solo, brutto, di rame... Ho tanta fame...

Tamburino - Fame? Conosco questa signora. Non mi lascia tranquillo un'ora. Si nasconde di sicuro nel mio tamburo. Ma un soldo, forse, ancora ce l'ho: ecco, prendi, te lo do.
Vecchina - Grazie! Mi basta e ne ho d'avanzo per la cena e per il pranzo. Ma per premiare il tuo buon cuore voglio renderti un favore: il tuo strumento sarà fatato e chi l'ascolta rimane incantato. Appena il tamburo comincia a rullare, chi lo sente dovrà ballare e fermarsi non potrà fin che il tamburo non tacerà.

Tamburino - Avessi avuto questa magia quando stavo in fanteria, a suon di ballo, e senza sparare, il nemico avrei fatto scappare. Ti ringrazio, cara nonnina...

La vecchina si allontana o sparisce,
chi sa. Ora c'è di nuovo soltanto il
tamburino che va per il bosco e ogni
tanto, se ha voglia di ballare, picchia
sul suo tamburo.

Voce - E il tamburino cammina, cammina... Sul far della sera incontra per strada di briganti una masnada.

Balzano fuori dai cespugli, dove
stavano in agguato, i briganti, con la
maschera nera sugli occhi, agitando i
loro tromboni (quelli per sparare,
non quelli per suonare).

Briganti - Mani in alto, signor tamburino! Fuori la borsa! Fuori il bottino!

Tamburino - Signori briganti, male cascate: le mie tasche sono bucate e i miei zecchini, a dire il vero, li ho seminati per il sentiero.

Briganti - Che malora!

           - Che disdetta!

           - Che sfortuna maledetta!

           - Ma ti rimane il tamburello: ci darai quello.

Tamburino - Volentieri ve lo darò. Ma prima a suonarlo v'insegnerò: altrimenti, che ve ne fate?

Briganti - Avanti, suona!

Tamburino - E voi...ballate!

Il tamburino picchia e picchia sul
tamburo e i briganti sono costretti a
ballare. Ma non per allegria...

Tamburino - Allora, vi piace il concertino?

Briganti - Maledetto tamburino!

Tamburino - Avanti, signori, un altro giretto!

Briganti - Tamburino maledetto!

Tamburino - Ballate, bricconi, saltate, ladroni, scegliete la dama, fate due inchini, questo è il valzer dei malandrini!

Briganti - Basta, basta, per pietà!

           - Siamo banditi di mezza età, abbiamo l'artrite, il soffio al cuore...

            - Lasciaci andare, per favore!

Tamburino - E allora...di corsa! Fuggite, sparite, mai più davanti mi comparite, altrimenti, ve lo giuro, vi seppellisco a suon di tamburo!

I briganti, terrorizzati, senza fiato, si
trascinano via come possono. Uno
perde il cappello. Un altro perde una
scarpa. Tutti hanno perso la testa. Il
tamburino ride e riprende il viaggio.

Voce - Il tamburino cammina e va e finalmente arriva in città. Sulla piazza del mercato trova un popolo addolorato...

Piangono donne, bambini, vecchi.
Sfilano soldati silenziosi, con passo
pesante. Il tamburino è sbalordito.

Tamburino - Signore, signori e buone genti, sento dei pianti, dei lamenti. Perché? Spiegatemi...

Vecchio - Bel forestiero, è un giorno triste, un giorno nero, perché il sovrano di questa terra i nostri figli manda alla guerra. Eccolo, giunge...

Tamburino - Chi, per favore?

Vecchio - Il nostro padrone, l'imperatore.

Tamburino (senza farsi sentire) - Tamburello, tamburello dammi il tuo aiuto e verrà il bello.

Imperatore - Sudditi miei, la guerra è una festa! Io marcerò alla vostra testa! presto, in riga!...Avanti per tre! Fate onore al vostro re! Un tamburino? Benone, perbacco: della marcia darai l'attacco.

Tamburino - Ai vostri ordini, Maestà!

Imperatore - Rulli il tamburo!

Tamburino - E rullerà!

Comincia a picchiare sul suo
tamburo e tutti cominciano a ballare:
l'imperatore, i cortigiani, i generali,
i capitani, i soldati, le donne,
i vecchi, i bambini, i cani e i gatti.
C'è chi balla ridendo e chi balla piangendo.
C'è chi protesta e chi grida evviva.
Insomma, c'è una bellissima confusione.

Imperatore - Che cos'è questo portento? Attentato! Tradimento! Aiuto, aiuto! Date una mano, tenete fermo il vostro sovrano.

Ciambellano - Maestà, la cosa è strana, anch'io sto ballando la furlana!

Generale - Maestà, la cosa è stramba, come ho imparato a ballare la samba?

Imperatore - Ma che fanno i miei soldati? Tutti arrestati! Tutti impiccati!

Popolo - Tamburino, suona il trescone, la furlana, il rigodone, suona la polka, la tarantella, suona la rumba, il cha-cha-cha, la pace è bella e vincerà!

Tamburino - Rulla tamburo fino a scoppiare: questa guerra non s'ha da fare!

Imperatore - Misericordia! Pace! Prometto! Mi dimetto! Vado in pensione!

Popolo - Bravo, benone! Vattene dunque con eleganza, a passo di danza!

E a passo di danza il re va in esilio.
Tutti continuano a ballare. Le
ragazze, una alla volta, dànno un bacio
al tamburino, che non smette di
suonare il ballo della pace. Poi
sposa la più intelligente. Siete tutti
invitati a mangiare la torta di gelato.

Fine

martedì 10 novembre 2015

Caro psicologo, diamoci del Tu!

Sto per trattare un argomento che mi sta molto a cuore e che desidero approfondire per chiunque ne fosse interessato.
Mi è capitato diverse volte di aver deluso le aspettative di pazienti o potenziali pazienti che si aspettavano e desideravano che ci dessimo del "tu" a causa della giovane età, della timidezza iniziale e del bisogno di sentirsi a proprio agio.
In tanti si aspettano questo in terapia, ovvero che lo psicologo abbia un approccio più confidenziale, e restano delusi quando non viene loro "consentito".

Quali fantasie e vissuti possono essere associati al "lei"? Perché in tanti psicologi la riteniamo una prassi utile?
Sono numerose le ragioni e di seguito accenno a qualche esempio.

Forse alcuni temono un'eccessiva distanza nella relazione con lo psicologo;
ad altri il "lei" evoca un vissuto di "anzianità", poiché notoriamente si associa all'atteggiamento rispettoso che una persona più giovane usa avere verso individui più grandi di età.
Proprio per tale ragione questi tendono a dare del tu quando lo psicologo ha la stessa età o è più giovane di loro, per esempio. 
Altri penseranno che la scelta del tu o del lei sia assolutamente indifferente, dunque “tanto vale dare del tu”.

Dal mio punto di vista dare del “lei” aiuta a mantenere la relazione con l’altro su un livello specifico: quello terapeutico, laddove uno dei membri chiede un aiuto per risolvere un malessere interiore o migliorare la propria qualità di vita e l’altro mette a disposizione il suo sapere per rispondere alla richiesta.
Ovviamente si tratta di una collaborazione tra i due, laddove il o i richiedenti si impegnano a lavorare su di sé cooperando con lo psicologo e riponendo fiducia nella relazione terapeutica.

A prescindere dall’età anagrafica dello psicologo, bisogna far sì che si creino le condizioni giuste per favorire la nascita di una relazione d’aiuto in cui i ruoli siano chiari e distinti.

Una persona che chiede di dare del tu potrebbe manifestare il desiderio inconscio di creare immediatamente una relazione intima ed amicale, riproponendo per esempio con il terapeuta le stesse modalità relazionali che ha con i propri cari. La suddetta, dunque, vedrebbe nello psicologo la figura “della figlia, della madre, del padre o dell’amica” rischiando, così facendo, di ripetere l’esperienza relazionale conosciuta (in tanti casi insoddisfacente o limitante) anziché vivere una relazione terapeutica che introduca elementi di novità e permetta di “sciogliere i nodi interiori”.

E’ proprio per tale ragione che il bisogno di cambiare “setting terapeutico” da parte del paziente per me diviene argomento di riflessione nell’ambito della psicoterapia: lavoro a partire da questo importante elemento. Il “setting” è appunto il contesto, l’ambiente, l’insieme di regole che sarebbe opportuno rispettare affinché la relazione tra due individui sconosciuti possa diventare “terapeutica".
La “questione del tu e del lei” in questo ambito non ha a che fare quindi con quella del dovuto "rispetto” o differenza di età, bensì con il “setting”; la difficoltà di aderire alle regole decise dall'esperto dev’essere motivo di approfondimento perché rivela aspetti profondi dell’individuo nella relazione con l’altro e con se stesso. 
Bisogna altresì aggiungere che l'eccezione fa la regola: vi sono casi in cui può essere addirittura più opportuno darsi del tu, come per esempio faccio con i bambini. La decisione spetta comunque allo psicologo, che ha un tipo di formazione specifica e che utilizza la sua esperienza e il suo modello di'intervento di riferimento per allacciare una relazione che sia terapeutica con una determinata persona, coppia o famiglia.

mercoledì 4 novembre 2015

Perchè "In Relazione"...?!

...nasciamo dal ventre della nostra madre, dunque siamo InRelazione sin dal principio...
...non esiste un bambino che non sia InRelazione con altri...e grazie agli altri, ai suoi caregivers, impara a conoscersi...e ad essere InRelazione con se stesso...
...la famiglia dalla quale proveniamo è In continua Relazione con l'esterno...influenza ed è influenzata...si plasma e si trasforma...proprio come tutti i membri del sistema familiare che si Relazionano tra loro e con se stessi....
...siamo uniti ai nostri parenti e ai nostri affetti da legami invisibili...
...siamo In perenne Relazione con i nostri antenati ....anche a livello inconscio...
...le nostre storie si intrecciano e si co-determinano...
...mente e corpo sono inevitabilmente InRelazione al punto che in molti casi risulta impossibile distinguere le due dimensioni nella totalità che è l'individuo...
...siamo InRelazione con la natura...con la bellezza...con la cultura...
...siamo InRelazione con lo psicoterapeuta...con la società...e comunichiamo anche quando vorremmo non farlo...
nulla è completamente isolato

"Non si può toccare un fiore senza disturbare una stella". Gregory Bateson

martedì 3 novembre 2015

Iniziamo...

L'idea del blog è sempre stata nella mia testa...
e forse è arrivato il momento di realizzarla.
Il mio desiderio è quello di esternare pensieri e conoscenze con chiunque vi fosse interessato.
Il blog non è dunque finalizzato ad effettuare diagnosi o interventi clinici, per i quali l'unica soluzione resta il contatto personale con il terapeuta, ma a condividere riflessioni inerenti diversi ambiti della psicologia, attingendo dalla mia esperienza di vita, formativa e professionale....
Potrete fornirmi spunti di riflessione, proposte di temi da argomentare, questioni e problematiche da affrontare...sarò ben lieta di rispondervi :)