domenica 7 febbraio 2016

"Teoria del gender" e "Studi di genere", "identità di genere" e" orientamento sessuale": quali sono le differenze? Proviamo a fare chiarezza!



Il documento dell’Oms sull’educazione sessuale e gli articoli della riforma sulla scuola appena approvata recitano che: “il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” .Nelle scuole si intende promuovere l'educazione sessuale, che permetta ai bambini di conoscere se stessi e gli altri, dal momento che ci sono stati vari mutamenti nei decenni passati quali globalizzazione, nuove migrazioni, boom dei nuovi media, diffusione di Hiv e Aids, incremento di abusi sessuali su bambini e adolescenti, ecc. che “richiedono strategie efficaci che mettano i giovani in grado di gestire la propria sessualità in modo sicuro e appagante”.
L'educazione sessuale si associa all'educazione socio-affettiva ed emotiva, che ha come finalità principale quella della consapevolezza, della tolleranza e del rispetto della diversità. 
Tra le diversità di cui si è sempre discusso molto, ma ancor di più recentemente in vista dell'approvazione della famosa legge sulle unioni civili, c'è appunto quella legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere.
In merito a questo argomento proverò a descrivere in maniera sintetica e attingendo a fonti scientifiche termini e concetti che vengono facilmente confusi nell'opinione pubblica. 
-L'identità di genere è il senso di appartenenza profonda ad un sesso più che all'altro, a livello consapevole e inconsapevole, ed è associata al sesso biologico. Essa contiene comunque una miscela di mascolinità e femminilità. Tali caratteristiche sono determinate da diversi fattori biologici, psicologici, sociali e culturali. La definizione di mascolinità e femminilità è personale, ciascuno elabora dentro di sé delle convinzioni su ciò che si intende per femminile e per maschile, anche in base ad influssi familiari e culturali ricevuti. In circostanze normali, gli ormoni sessuali cui il feto è esposto e l'anatomia e la fisiologia dei genitali esterni sono la base su cui poi si effettua l'attribuzione sessuale, ma anche influssi sociali e psicologici danno il loro contributo. Ad esempio i genitori, sapendo il sesso del proprio figlio, si comporteranno con lui/lei in un determinato modo e invieranno messaggi (verbali e non verbali) su cosa vuol dire per la loro famiglia 'femminile' e 'maschile'. Il figlio ipotetico apprenderà da loro i diversi significati e si costruirà una consapevolezza sul proprio sé. La misura in cui i genitori risolvono i conflitti con le proprie famiglie di origine e fra di loro, può influire sulla natura delle prime risposte che essi danno al neonato e sulla capacità di prendersene cura. Il nucleo dell'identità di genere si costituisce anche a partire dal significato che il bambino attribuisce al proprio corpo. Dagli scambi con le persone che si prendono cura di lui, il bambino prova delle sensazioni corporee che gli consentiranno di formare un'immagine di sé corporea, la quale darà un grande contributo sulla costruzione dell'identità di genere. Secondo l'opinione prevalente, entro i 15-18 mesi il bambino esprime una certa consapevolezza di essere maschio o femmina e di essere dotato di genitali maschili e femminili, ma possiamo ritenere che il nucleo dell'identità di genere sia generalmente immodificabile dai 2-3 anni, età in cui la consapevolezza di sé è più chiara e i maschietti assumono caratteristiche maschili, mentre le femminucce femminili. Malgrado ciò, "il senso più ampio dell'identità di genere continua ad essere progressivamente elaborato nel corso di sviluppo". Identificazioni selettive** e disidentificazioni con ciascun genitore hanno un impatto evolutivo anche negli stadi di sviluppo successivi, dunque l'esito finale rappresenta una miscela di numerosi elementi provenienti nelle diverse fasi di crescita (Tyson, P., Tyson, R., Teorie psicoanalitiche dello sviluppo: una visione integrata. 1995). 

-Identità di ruolo relativo al genere: si costituisce a partire dalle modalità di interazione tra genitore e lattante in rapporto alla sua mascolinità o femminilità. E' dunque una rappresentazione intrapsichica delle interazioni con gli altri riguardo al genere, influenzata da fattori culturali e sociali. Secondo Lingiardi mentre l'identità di genere va riferita alla percezione di sè come maschio o femmina, con ruolo di genere si intende invece "l'espressione esteriore, sociale e culturale dell'identità di genere: ciò che si considera maschile o femminile" (Lingiardi, V. Le personalità e i suoi disturbi. 2001).
-Orientamento per il sesso del partner: esprime la preferenza dell'individuo per il sesso dell'oggetto d'amore scelto (l'attrazione erotica può essere rivolta verso maschi, femmine o entrambi). Ha le sue origini nei rapporti con i genitori nelle epoche precoci della vita, anche se la scelta si stabilisce definitivamente o può diventare fonte di conflitto nell'adolescenza, quando viene raggiunta la maturità sessuale. Alcuni ricercatori sostengono l'esistenza di basi genetiche dell'orientamento omosessuale. "Orientamento sessuale e identità di genere sono concetti diversi e non necessariamente correlati" (Lingiardi, 2001). 

E' dunque importante distinguere questi tre concetti, che sono stati  confusi in passato anche da illustri psicoanalisti (persino da Freud), per comprendere ed individuare trattamenti ad hoc finalizzati ad alleviare il disagio di molti e per scoraggiare stupide discriminazioni. Bisogna anche considerare che lo sviluppo psico-sessuale femminile e maschile presenta delle differenze. Ad esempio nella bambina tale processo è molto più complesso di quello del bambino, poiché per entrare nel complesso d'Edipo* (che nel caso delle femmine viene propriamente nominato "Complesso d'Elettra") deve cambiare oggetto d'amore (rivolgendosi al padre e sviluppando rivalità verso la madre, primo oggetto d'amore). Di norma invece l'istituzione di uno stabile senso di base della femminilità è un processo tranquillo. Per il maschietto la costituzione dell'identità diventa un problema ben più difficile da superare, poiché inizialmente lui si identifica** con la madre e questo può rischiare d' indebolire il suo senso della mascolinità. Lui dovrà imparare a disidentificarsi da lei e, mantenendo lo stesso oggetto d'amore (a differenza della femminuccia), dovrà cambiare il ruolo in relazione all'oggetto (la madre) per entrare nel complesso edipico . Affinché questo avvenga, il senso del bambino di essere maschio dev'essere stabile. 
In altre parole, per la bambina risulta più complicato lo stabilirsi dell'orientamento sessuale, per il maschietto è più complesso il processo di sviluppo dell'identità. 

Come riportato da Lingiardi nel testo sui disturbi di personalità, oggi non si pensa più alle persone omosessuali come a 'uomini con una forte componente femminile o a donne con una forte componente maschile', poichè grazie ai Gender Studies le dimensioni del femminile e del maschile sono state ripensate da psichiatri e psicologi in modo più libero rispetto agli obblighi anatomici, agli stereotipi sociali e alle posizioni teoriche ormai datate. Gli Studi di Genere o Gender Studies, come vengono chiamati nel mondo anglosassone, rappresentano un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere e non hanno nulla a che fare con la super-citata Teoria del GenderQuest'ultima è un'invenzione dei gruppi più estremisti secondo i quali sarebbe una teoria sostenuta dal movimento LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali)  che postulerebbe  l'assenza delle differenze biologiche tra i sessi (a parte quelle puramente anatomiche) e che quindi proclamerebbe l'eguaglianza assoluta tra maschi e femmine. Tale teoria, ribadisco, non esiste e non è mai stata sostenuta da nessuno

Nel 1973 il DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali utilizzato in tutto il mondo, ha eliminato l'omosessualità dall'elenco dei disturbi mentali, riconducendola a una delle tante possibili manifestazioni della sessualità umana. La V ed ultima edizione del DSM include invece  la “disforia di genere”, o anche detto "disturbo dell'identità di genere" (spesso abbreviato in DIG), di cui soffrirebbero quelle persone che hanno una forte e persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico. Il DSM 5 sottolinea come la non conformità di genere non sia un disturbo mentale in sé ma che il disturbo nascerebbe se c’è significativo disagio associato alla condizione
A tal proposito vorrei sintetizzare anche il pensiero di una nota ed importante psicoanalista, Jessica Benjamin, secondo cui gli individui dovrebbero idealmente integrare ed esprimere gli aspetti maschili e femminili del sé senza che questo comporti una confusione riguardo alla propria identità di genere. La Benjamin sostiene anche che la realtà delle differenze sessuali non è binaria e non prevede una mutua esclusività (omosessualità o eterosessualità) come l'opinione pubblica tende a credere ma è molto più varia e dipende dalle molteplici identificazioni con gli oggetti d'amore avvenute nel corso dello sviluppo. 
Da quanto scritto, pur essendo un'estrema sintesi di alcuni contributi riportati in letteratura, si evince la grande complessità della natura umana anche nel campo della sessualità. Per tale motivo stabilire che l'unica famiglia 'giusta' debba essere quella formata dall'unione di un uomo ed una donna ritengo sia un'eccessiva semplificazione, in quanto non terrebbe conto della realtà che siamo e che viviamo, che è sicuramente multicolor.













*complesso d'edipo: fase che va dai 3 ai 5 anni, in cui il bambino manifesta un desiderio amoroso nei confronti di un genitore -normalmente dell'altro sesso- mentre verso l'altro genitore esprime sentimenti ostili 
http://www.treccani.it/enciclopedia/complesso-di-edipo_(Dizionario-di-Medicina)/
**per identificazione in questo caso s' intende l'assimilazione che il bambino opera di uno o più tratti caratteriali del genitore. Il bambino fa proprie alcune caratteristiche del genitore e così facendo costruisce la sua personalità. Nel tempo si disidentifica da alcuni tratti differenziandosi dai genitori.

4 commenti:

  1. Gentile dottoressa Di Fonzo, vorrei ringraziarla per questo interessante e quantomai attuale articolo. L'argomento mi sta particolarmente a cuore perché sono mamma di un bambino di 5 anni con probabile non conformità di genere ed è difficile per noi genitori essere correttamente informati su concetti verso i quali esistono ancora tanti pregiudizi e vivere questa realtà districandoci tra stereotipi, credenze e quant'altro (nel nostro Paese più che mai!). Dal mio punto di vista non posso che guardare con favore ai programmi di educazione sessuale ed emotiva, che abbiano lo scopo di creare nelle nuove generazioni consapevolezza, tolleranza e rispetto di ogni diversità (con la speranza che siano tenuti sempre da persone competenti!). Grazie ancora e.....al prossimo articolo :-)

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    1. Gentilissima utente,
      la ringrazio molto per il commento e la sua approvazione. Lavorando da anni nelle scuole come psicologa e privatamente come psicoterapeuta familiare, ci tenevo a far chiarezza sull'argomento per sensibilizzare le persone su una tematica che bisogna affreontare con serietà e apertura. L'ignoranza in molti casi regna padrona, in altri è la paura e la difficoltà a rispettare prima di tutto se stessi e poi gli altri la causa del perseverare di tanti pregiudizi. La nostra mente ha bisogno di schemi e certezze, ma è bene che ci si apra ad una realtà più complessa, se non si vogliono commettere ingiustizie e si vuole tutelare il benessere di tutti. Immagino che per un genitore non sia mai semplice educare un figlio, soprattutto quando presenta delle caratteristiche e dei bisogni lontani dalle proprie aspettative e da quanto è "ufficialmente" consentito. L'incertezza, il dubbio su cosa fare e cosa dire, se proteggere o lasciare esprimere il proprio bambino liberamente davanti agli altri, i sentimenti contrastanti rispetto al suo modo di essere che si fa sempre più chiaro, i conflitti con le famiglie di origine e con il partner stesso (a volte si rischia di incolparsi reciprocamente per qualcosa che sfugge al proprio controllo) rendono opportuno rivolgersi ad uno psicologo che sia da supporto e da guida per comprendere e sostenere il proprio figlio in una crescita equilibrata. Sarebbe molto importante, inoltre, che gli stessi genitori che vivono esperienze simili con i propri bambini possano confrontarsi, aiutarsi e sostenersi reciprocamente, superando il muro di vergogna e diffidenza che a volte si ha per ignoranza e timore di essere giudicati e additati. Solo con la comunicazione e l'apertura possiamo aiutare i nostri figli ad accettarsi e ad accettare tutte le diversità. Invito anche le altre mamme e i papà a commentare, come ha fatto lei, per dubbi, perplessità o semplicemente per condividere un'esperienza. Carissimi saluti.

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